Giovedì 4 Marzo: Il Riccio

Renée è la portinaia di un elegante palazzo parigino, popolato da ricchezza e vacuità. Introversa e scontrosa, dietro la porta e i vetri della sua “cella”, pratica la solitudine e la lettura dei classici. Coltissima concierge, appassionata degli amanti di Tolstoj e delle sorelle (Munekata) di Ozu, Renée ha cinquantaquattro anni, un gatto e un segreto doloroso mai rivelato. L’arrivo in rue Manuel di monsieur Ozu, un ricco giapponese dal cuore nobile, e la disarmante intelligenza di Paloma, figlia dodicenne di genitori ottusi, eluderanno le spine e riveleranno “l’eleganza del riccio”. Allo stesso modo, la guardiola di Renée diventerà per Kakuro e Paloma luogo di sospensione e altrove in cui riparare e pescare “un sempre nel mai”.
Perde “l’eleganza” nel titolo e diventa un film il caso letterario del 2007, che vanta ristampe, premi letterari e centinaia di migliaia di copie vendute. Il riccio della debuttante Mona Achache sfida l’immaginario dei lettori, incarnando sullo schermo i personaggi letterari (e amati) di Muriel Barbery e il suo racconto intimo, chiuso in un condominio e in atmosfere di acceso lirismo. La generosità narrativa dell’autrice cede il passo nel film a una sorta di diario intimo simile a quello redatto dalla Paloma letteraria e mutuato in immagini attraverso una vecchia videocamera.
La giovane protagonista depone allora penna e calamaio e filma in modo pregnante tutto quello che le rende la vita intollerabile e l’idea del suicidio ammissibile. Ad arginare la sua ossessione e a canalizzare la sua intelligenza, indirizzandola verso una sana realizzazione, saranno la concierge di Josiane Balasko (quella che si nasconde) e il gentiluomo nipponico di Togo Igawa (quello che si dichiara), voci adulte e segnate da ferite profonde che riecheggiano lungo le scale, dentro gli ascensori, dietro alle pareti.
Renée e Kakuro insegneranno alla bambina i segreti della vita, attraverso un rapporto pedagogico di continua e affettuosa interrogazione e adottando quella “distanza amorosa” che permette di vedere bene e di prendersi cura dell’altro. Allo stesso modo l’entrata in scena e nella vita ripiegata di Renée dei due eccentrici inquilini disporrà altrimenti la sua esistenza, aprendola finalmente all’azione. Paloma e Kakuro, non soggetti per natura (quella dei bambini) e cultura (quella orientale) a pregiudizi o sovrastrutture, scoprono e danno nuova attenzione alla bellezza di Renée, esplorandone la profondità e l’affettività. Il corpo morbido e abbondante della Balasko diviene il set d’elezione dove la regista francese racconta la parabola malinconica eppure mai completamente disperata di una donna invisibile.
L’esordiente Achache coglie il cuore de “L’eleganza del riccio”, l’elegia dell’ascolto dell’altro che avvia il dinamismo emozionale e permette la vita, ma anche i suoi limiti, un esasperante esibizionismo culturale e una storia compiaciuta della propria sottigliezza, che confeziona meticolosamente e inverosimilmente “caso”, dialoghi e monologhi. Il film come il romanzo rivela magnifici lampi nel grigio, che ci sollevano dalla mediocrità del cinema e delle letteratura contemporanea ma che non bastano a proiettarci al livello delle sue esperienze più dense di significato.