L’ULTIMA VOLTA CHE SIAMO STATI BAMBINI 21 e 22 Marzo – Claudio Bisio esordisce alla regia e inquadra la Shoah ad altezza di bambino. 

Roma, estate 1943. Quattro bambini giocano alla guerra mentre attorno esplodono le bombe della guerra vera. Italo è il ricco figlio del Federale, Cosimo ha il papà al confino e una fame atavica, Vanda è orfana e credente, Riccardo viene da un’agiata famiglia ebrea. Sono diversi ma non lo sanno e tra loro nasce “la più grande amicizia del mondo”, impermeabile alle divisioni della Storia che insanguina l’Europa. Per loro tutto è gioco, combattono in cortile una fantasiosa guerra fatta di missioni avventurose ed eroismi, poi però fanno patti “di sputo” e non “di sangue” per paura di tagliarsi. Ma il 16 ottobre il ragazzino ebreo viene portato via dai tedeschi insieme ad oltre mille persone del Ghetto. Grazie al padre Federale di Italo, i tre amici credono di sapere dov’è e, per onorare il “patto di sputo”, decidono di partire in segreto per convincere i tedeschi a liberare il loro amico. L’ennesima missione fantasiosa entra nella realtà, i tre bambini viaggiano soli in un’Italia stremata dalla guerra, fra soldati allo sbando, disertori, truppe di tedeschi occupanti, popolazioni provate e affamate.

L’hanno fatto in tanti, ma non è mai facile parlare della Shoah al cinema. Così come non è semplice dirigere dei bambini. Lo dicono quasi tutti i registi. Claudio Bisio non si è spaventato davanti né all’una né all’altra cosa e forte del libro di Fabio Bartolomei dal titolo L’ultima volta che siamo stati bambini (edito da e/o), che aveva letto e di cui si era innamorato, ha deciso di fare il grande salto dietro la macchina da presa. La guerra è solo sullo sfondo. La tragedia, come ha sottolineato la senatrice Liliana Segre superstite dell’Olocausto e testimone attiva della Shoah in un messaggio letto durante la conferenza stampa di presentazione del film, è offuscata dalla freschezza e dall’innocenza dei bambini.