Domenica 15 Novembre: “Biancaneve e gli 007 nani”

biancaneveUn favola per piccole ereditiere che devono imparare a stare al mondo

Nel mondo della favole due figure non ben precisate si apprestano a guardare in una sfera magica lo svolgersi dell’ennesima storia, pasticciando però con la bilancia del bene e del male causeranno diversi imprevisti al normale flusso del racconto fiabesco. Biancaneve è la figlia dell’amata regina del regno, una volta beniamina di tutti i sudditi, ma come le sue amiche (Cappuccetto Rosso, Riccioli d’oro e compagnia bella) è una ragazzina ricca e viziata che non ascolta i consigli del padre e che pensa di poter essere come la madre solo badando alla propria popolarità. Ci vorranno i 7 nani per farle capire che la vera bontà sta nel far sembrare di essere magnanimi con la beneficienza.

Le favole non sono più quelle di una volta, se non l’avessimo capito definitivamente con la serie di Shrek o gli altri film figli su quella linea come Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti arriva ora Biancaneve e gli 007 nani a ricordarcelo.
Shrek e i suoi figli però, almeno all’inizio, avevano un senso! Cercavano di fare un discorso intorno alla parodia delle favole che partisse da una comicità molto forte e dissacrante per arrivare a negare l’apporto realmente educativo di racconti così fuori dal tempo (cosa che invece è stata contraddetta qualche anno dopo dal bellissimo Le avventure del topino Despereaux, classico e moderno al tempo stesso) per arrivare così ad un nuovo ideale formativo infantile buono anche per gli adulti, cioè l’educazione alla demolizione dei miti. Biancaneve e gli 007 nani invece attualizza molto e prende in giro poco gli stilemi favolistici classici, dota Biancaneve di un cellulare ma non va molto più in là di quello, convinto che bastino accessori e riferimenti all’attualità per realizzare un racconto moderno, mentre la morale rimane sempre quella.
Cattivo solo sulla carta, contemporaneo a parole e “animato” per modo di dire, Biancaneve e gli 007 nani è un cartone dai valori produttivi pressochè inesistenti, tecnicamente peggiore anche del primo Toy Story (che fu fatto con meno soldi più di 15 anni fa) e buono unicamente per una circolazione in Home Video.
Come se non bastasse oltre allo squallore dei disegni e alla banalità di una morale di fondo poco convinta ci sono le voci dei “non professionisti” Antonella Clerici e Jerry Calà ad incorniciare il racconto di una giovane viziata che ammira la madre perchè era bella, che lei stessa è bella e per quello è ammirata e che alla fine capisce che per essere davvero belli e ammirati bisogna esseri buoni e fare beneficienza. Un cartone per piccole ereditiere.