Un popolo di pendolari!

pendolari2 milioni e 630 mila i cittadini che si spostano in treno ogni giorno da e per le città?Duecentomila viaggiatori (+8,2%) in più rispetto al 2007

Il numero dei pendolari continua a crescere: sono oltre 2 milioni e 630 mila i cittadini che ogni giorno prendono i treni per motivi di lavoro e studio sulle linee regionali. Tra il 2007 e il 2009 i passeggeri che viaggiano su queste linee sono cresciuti dell’8,2%, con duecentomila viaggiatori in più quindi, affermandosi quale principale voce della domanda di trasporto ferroviario in Italia, in un rapporto di 9 a 1 rispetto ai passeggeri trasportati ogni giorno sulle linee a lunga percorrenza (300 mila passeggeri circa).

Questi e molti altri, i dati raccolti nel quarto rapporto Pendolaria di Legambiente – lo studio che fotografa la situazione del trasporto ferroviario regionale e metropolitano in Italia e che vuole dare visibilità ai cittadini utenti del trasporto locale e sostenere una battaglia di civiltà per avere treni nuovi, più numerosi e puntuali, carrozze pulite e non sovraffollate, servizi migliori nelle stazioni, maggiori informazioni ai viaggiatori, collegamenti e tariffe che migliorino gli spostamenti quotidiani riducendo il bisogno del mezzo privato – presentato oggi a Roma nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Mauro Moretti, Amministratore delegato Fs, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale Legambiente, Edoardo Zanchini, Responsabile Trasporti Legambiente, gli assessori regionali alla Mobilità di Lombardia, Campania, Emilia Romagna e i rappresentanti dei comitati dei Pendolari.

La vita del pendolare è piena di disagi. E nonostante qualche piccolo passo avanti compiuto di recente con la firma, in quasi tutte le Regioni, del nuovo Contratto di Servizio e una prima inversione di tendenza nei finanziamenti da parte del Governo per il prossimo triennio il salto di qualità tanto caldeggiato non ci sarà: i nuovi treni annunciati sono infatti solo una piccolissima goccia nel mare delle necessità del servizio pendolare, niente di paragonabile con il “Progetto 1000 treni per i pendolari” lanciato due anni fa e rimasto sulla carta. Il rischio è che per i pendolari italiani ci sarà solo qualche miglioramento rispetto all’inadeguata situazione esistente, mentre per l’agognato rilancio si dovrà aspettare ancora, almeno fin quando si riuscirà ad invertire le priorità di spesa di Governo e Regioni.

“Siamo convinti – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – che investire sul trasporto ferroviario pendolare sia una ricetta che fa bene alle città, al portafoglio delle famiglie, alla qualità della vita e alla crisi economica. La nostra mobilitazione vuole dare voce a cittadini che si battono per un interesse generale. In un periodo in cui sono venuti al pettine i nodi di una crisi economica, energetica e climatica globale, un forte rilancio del trasporto ferroviario pendolare rappresenta una scelta lungimirante. Non esiste infatti, una ricetta più utile per milioni di persone che oggi sono obbligate a muoversi in macchina rispetto al fornire una alternativa più comoda, economica e pulita come il treno. Se a Copenaghen si sta discutendo un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di CO2 che impegni finalmente tutti i Paesi nella lotta ai cambiamenti climatici, in Italia l’obiettivo di migliorare la vita e la mobilità dei pendolari rappresenta una priorità ineludibile che si sposa perfettamente con le prospettive di un Paese più moderno e civile. Sono queste le infrastrutture che ci piacciono e che servono al Paese”.

“Non esistono persone innocenti ma solo diversi gradi di responsabilità” direbbe Stieg Larsson, e in questo caso calza a pennello. C’è infatti una ragione precisa per cui il servizio ferroviario pendolare in Italia ha standard così distanti dal resto dei Paesi europei. I pendolari del treno hanno infatti un nemico: la strada.

“L’invidia nei confronti dei pendolari delle altre città europee è del tutto condivisibile – ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile Trasporti di Legambiente -. L’Italia è l’unico Paese in Europa che finanzia strade e autostrade con risorse pubbliche che sono doppie rispetto a quelle per previste per le ferrovie nazionali e regionali. I Governi che si sono succeduti dal 2001 ad oggi hanno finanziato per il 67% delle risorse infrastrutture stradali. E questa scelta è confermata dagli investimenti realizzati con fondi propri da quasi tutte le Regioni italiane (Campania e Puglia escluse). Bisogna cambiare, ora. Invertendo le priorità a favore del trasporto ferroviario e puntando a vincere la sfida della riduzione delle emissioni inquinati con l’obiettivo di avere 4 milioni di pendolari su ferro per il 2020”. I nuovi treni ad Alta Velocità che finalmente cominciano a circolare sui quasi 1000 chilometri di nuove linee non devono togliere attenzione e investimenti nei confronti dei treni pendolari. Per Legambiente una migliore integrazione tra treni a lunga percorrenza e regionali insieme all’utilizzo anche per i treni pendolari delle nuove tratte ferroviarie ad Alta Velocità è la prospettiva su cui lavorare per potenziare il servizio ferroviario in Italia. Insomma nessuna guerra ai nuovi treni ad Alta Velocità, anche perché per i pendolari del treno il vero “nemico” è la strada che sottrae tutte le risorse.

A leggere i dati di quanto finanziato dallo Stato tra il 2002 al 2009 suddivisi tra strade, ferrovie, metropolitane sembra esserci stata una precisa strategia della mobilità per far crescere il traffico su gomma in Italia. Stessa scelta da parte delle Regioni, addirittura in Abruzzo, Basilicata e Calabria negli ultimi 7 anni non è stata stanziata alcuna risorsa per le ferrovie, ma ridicola è anche la situazione di Liguria, Friuli, Molise, Sicilia dove il 99% delle risorse è andato ai cantieri stradali. Soldi e soldi per la strada e le grandi opere nella Legge Finanziaria in corso di approvazione: ben 400 milioni di Euro di sussidi agli autotrasportatori e 470 milioni di Euro per il Ponte sullo Stretto, che vanno a sommarsi a quell’1,2 miliardi di Euro già stanziati dal Cipe. Ma scegliere come priorità di investimento la strada non è solo un fatto contabile, ha anche conseguenze molto concrete in termini di mancati investimenti nelle città. Dall’anello ferroviario di Roma, ai Passanti ferroviari di Torino e Palermo, ai potenziamenti dei binari a Milano, Bologna, Bari, le infrastrutture urbane sono queste le opere che servono alla mobilità urbana e che vengono invece rinviate.

Il Rapporto Pendolaria è andato ad analizzare nello specifico quanto e come le Regioni italiane hanno investito nei treni, perché spetta a loro definire il Contratto di Servizio con i gestori dei treni e individuare i capitoli di spesa nel proprio bilancio per migliorare i servizi aggiuntivi (più treni in circolazione) e per il materiale rotabile (treni nuovi o riqualificati). E i risultati sono incredibili. Solo la Regione Campania supera con i propri investimenti nel 2009 l’1% delle spese di bilancio. E proprio in Campania si dimostra come gli investimenti pagano: dal 2000 il numero di passeggeri trasportati è aumentato del 40% togliendo traffico dalle strade e inquinamento. In metà delle Regioni non si arriva nemmeno allo 0,1% del bilancio regionale. In generale si può dire che le risorse stanziate dalle Regioni sono talmente basse da apparire offensive nei confronti dei pendolari. Al Veneto va la maglia nera, lo 0,04% del proprio bilancio in una delle Regioni a più forte domanda pendolare e risorse a pioggia a strade e autostrade: 114milioni per la Pedemontana Veneta, 108 alle opere complementari al Passante di Mestre. E se, per esempio, nel bilancio 2009 la Regione Veneto ha stanziato 1,6milioni di Euro per “le iniziative per i veneti nel mondo”, solo 3,8 milioni sono andati per la mobilità dei pendolari. Sempre in negativo, vanno segnalate anche le Regioni Sicilia (che nel 2009 non ha erogato alcuna risorsa per i pendolari ma ben 4 milioni di Euro per spese di convegni e congressi), il Molise (solamente 50.000 Euro per i servizi aggiuntivi), e la Basilicata (circa 800 mila Euro per il materiale rotabile).

Tra i punti più delicati che il Rapporto mette in evidenza è la condizione di ritardo infrastrutturale italiana rispetto all’Europa, che però non riguarda strade e autostrade ma proprio le infrastrutture per il trasporto pendolare. La rete di metropolitane delle città italiane è, con soli 161,9 km, la più corta d’Europa. Stesso discorso vale per le ferrovie suburbane che contano in totale 591,7 km di estensione: pochissimi, rispetto ai 2033 km della Germania per esempio. Ma un altro allarme riguarda l’inadeguatezza del servizio su tante tratte regionali e a lunga percorrenza dove proprio le scarse risorse stanziate da Governo e Regioni mettono a rischio il servizio e condannano i pendolari a dover girare sui soliti vecchi treni. In Italia sono infatti pochissime le linee con standard “europei”, treni pendolari moderni e ogni 15-30 minuti, larga parte è di serie C con convogli vecchi recuperati dall’utilizzo in tratte a lunga percorrenza, spesso con un numero di carrozze insufficienti. E proprio queste linee che per Trenitalia sono in perdita e dove Stato e Regioni non investono sono a rischio di ulteriore degrado e di tagli.

Eppure un altro scenario per i pendolari italiani è possibile. Il tema del trasporto pendolare deve entrare nell’agenda delle politiche nazionali, ponendosi un obiettivo all’altezza della sfida lanciata dall’Unione Europea al 2020 in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e di cui si sta discutendo in questi giorni a Copenaghen. Per Legambiente sono chiare le priorità di intervento far rilanciare il trasporto ferroviario pendolare in modo da arrivare a 4milioni di cittadini trasportati nel 2020: servono nuovi treni per i pendolari. Solo con un parco rotabile rinnovato sarà possibile dare risposta ai disagi di una domanda in costante aumento. Bisogna individuare le risorse per realizzare finalmente il progetto “1000 nuovi treni per i pendolari. Bisogna chiamare il Governo e le Regioni alle proprie responsabilità per dare certezze agli interventi di miglioramento del servizio. In particolare occorre istituire un fondo nazionale per il trasporto locale, finanziato con i proventi di parte della tassazione sui carburanti (come da tempo si discute nella Conferenza Stato Regioni). Bisogna dare priorità alle città negli investimenti infrastrutturali e spostare nei nodi urbani la voce maggioritaria della spesa per infrastrutture. Bisogna aumentare l’attenzione alla qualità del servizio dando voce ai cittadini che si muovono in treno e legare le politiche dei trasporti alle scelte urbanistiche nelle aree urbane per condividere e coordinare gli obiettivi.

Il rapporto è disponibile su:www.legambiente.eu