Tutta la verità sul ddl intercettazioni

In queste settimane si sono susseguiti sui TG nazionali i famigerati panini (quei servizi dove la prima parola spetta alla maggioranza, poi arriva la controbattuta dell’opposizione e in chiusura un altro parere dalla maggioranza) sul ddl intercettazioni. Ovviamente quel miscuglio di voci non ha fatto altro che alimentare la confusione su uno dei pacchetti più liberticidi che la nostra democrazia abbia mai conosciuto. Cercheremo in queste righe di spiegare, senza populismo e senza tecnicismi perchè questo provvedimento è illiberale, contro la giustizia e si presenta come un vero e proprio bavaglio alla libertà di informazione.

Secondo gli ultimi dati riportati alla Camera dei Deputati si lavora sedici ore a settimana, mentre in Senato nove. Per approvare il ddl intercettazioni (alias ddl Alfano) si è lavorato in commissione al Senato pr giorni fino a notte fonda. L’ultima approvazione in Commissione Giustizia arriva infatti alle tre di notte tra il 24 e il 25 maggio. Quando andiamo in stampa il testo del disegno di legge non è cambiato granchè rispetto a quello che si arenò la scorsa estate. Ecco cosa cambierà per giustizia e informazione.

1 – Gravi indizi di reato. Anche oggi l’intercettazione, richiesta dal pm e autorizzata dal gip, è possibile solo in presenza di gravi indizi di reato (la prima formulazione del ddl prevedeva addirittura che vi fossero gravi indizi di colpevolezza, ovvero elementi già sufficienti per la condanna, rendendo le intercettazioni praticamente inutili). La nuova legge aggiunge altri limiti per ottenere l’autorizzazione al controllo delle utenze di un indagato: accanto ai <<gravi indizi>> il pm dovrà sostenere <<specifici atti d’indagine>>, ovvero altri elementi concreti che provino le responsabilità di chi viene controllato. Questa è sicuramente una delle norme più contestate dai magistrati, che vedono ostacoli insormontabili soprattutto per le indagini più delicate.

2 – L’autorizzazione del tribunale collegiale. Altro punto criticato dai magistrati e controverso per la giustizia. Per ottenere l’autorizzazione all’intercettazione non basterà più il pronunciamento del gip dopo la richiesta del pm, ma occorrerà il parere di tre giudici riuniti, un passaggio che rallenterà ancora di più le indagini. I tempi dei controlli verranno limitati: 75 giorni, 30 nella prima fase più tre proroghe da 15 ciascuna.

3 – Intercettazioni ai parlamentari. Con la normativa vigenre il pm deve chiedere l’autorizzazione alle Camere per intercettare direttamente l’utenza di un parlamentare o per l’utilizzo di intercettazioni effettuate casualmente mentre si controllavano altri telefoni. Con la nuova legge cambia anche questo punto, che poi è la vera ragione per cui la casta corre all’approvazione di questo ddl: quando si ascolterà la voce di un parlamentare durante la conversazione di un indagato, ogni atto dev’essere secretato e custodito in archivio. Per la prosecuzione dell’ascolto ci vuole l’ok delle Camere, che difficilmente arriverà, viste le passate esperienze.

4 – La tutela agli uomini di Dio. Uno degli emendamenti cosiddetti “estensivi” del divieto di intercettazione per la magistratura riguarda i ministri religiosi, anzi, solo cattolici. I legislatori pidiellini hanno pensato di estendere anche ai prelati cattolici lo scudo. Il comma 24 dell’articolo 1 prevede che se un pm indaga o intercetta un uomo di Chiesa deve immediatamente avvertire il segretario di Stato Vaticano. La ratio di questo comma è evidentemente riconducibile alle indagini sugli appalti della “cricca” in cui sono coinvolti Angelo Balducci, ex gentiluomo di sua santità e monsignor Francesco Camaldo, prelato d’onore del Papa e cerimoniere pontificio, che avrebbe ricevuto dallo stesso Balducci, 300 mila euro su un conto dello IOR. I magistrati di Perugia che indagano sulla cricca, avendo scoperto l’esistenza effettiva del conto, hanno avviato una richiesta di rogatoria al Vaticano. Insomma, se questo disegno di legge fosse stato già in vigore il cardinale Bertone avrebbe dovuto essere avvertito dai magistrati perugini.

5 – Non si intercettano gli 007. Un emendamento del relatore Centaro (PDL) prevede il veto alla possibilità di intercettare, da parte dei magistrati i telefoni degli uomini dei servizi segreti di sicurezza. Nel momento in cui un magistrato si renderà conto di aver intercettato uno 007 dovrà immediatamente informare il procuratore generale che secreterà i documenti in luogo protetto ed entro cinque giorni informerà il Presidente del Consiglio che deciderà se apporre il segreto di Stato. Felice Casson deputato PD, ex magistrato che indagò sulla colonna veneta dell’eversione nera, strettamente connessa con le stragi di Brescia e Milano, fa notare come “molte inchieste delicate in materia di eversione e terrorismo potranno finire al macero dopo anni di investigazioni”. Stesso destino spetterebbe alle nuove indagini di mafia, in particolare quelle sul fallito attentato all’Addaura a Falcone nel 1989.

Se la giustizia viene privata di un importante strumento d’indagine alla stampa e alla libertà d’informazione viene inferto un colpo letale.

1- Luce spenta sulle indagini. Vietato dare notizie su qualunque atto, anche non segreto fino alla fine dell’udienza preliminare. Fino al rinvio a giudizio, quindi al processo, sarà impossibile per gli organi d’informazione informare il lettore sulle inchieste giudiziarie fino alla loro conclusione. Pena il carcere e ammende salatissime per giornalisti ed editori. Se la legge fisse già in vigore nulla avremmo sapuo sugli appalti irregolari del G8 o sulla morte di Stefano Cucchi, che rappresentano notizie di grande rilevanza sociale e in quanto tali difese dall’articolo 21 della costituzione. La privacy, al contrario di come la vogliono vendere vari politicanti e garantisti a targhe alterne, c’entra poco.

2 – Niente telecamere in tribunale. Riprese vietate durante i processi senza il consenso di tutte le parti e vietate le immagini dall’aula. Sarà sufficiente il no di un perito o di un consulente chiamato a deporre durante il processo perchè l’aula diventi zona ad accesso limitato. Il cittadino non potrà seguire le fasi del dibattimento ed essere correttamente informato tramite la cronaca giudiziaria. Se la norma fosse già in vigore, non saremmo al corrente di una consistente parte della storia del nostro Paese.

3 – Il cosiddetto <<emendamento D’Addario>>. Vietate le registrazioni senza autorizzazione preventiva dell’interessato. In un primo momento la norma riguardava anche i giornalisti professionisti, ora autorizzato da uno spiraglio aperto proprio ai soli professionisti salvati da un emendamento dell’opposizione. L’eccezione riguarda la salvaguardia dell’articolo 21 della Costituzione ed è concessa per quelle registrazioni riguardanti la sicurezza dello Stato, o per risolvere controversie giudiziarie o amministrative.