Rapporto malato tra politica e affari

La denuncia del presidente dell’Antimafia Giuseppe Pisanu sugli “indegni” che hanno popolato le liste alle ultime elezioni amministrative conferma essenziali capisaldi che non devono ora essere sepolti nel frastuono dello scontro politico. Innanzi tutto si conferma che sul terreno delle amministrazioni pubbliche si gioca la mortale partita dello Stato contro le mafie e che la politica vi riveste un ruolo centrale. Di quel centinaio di candidati, quasi tutti vicini al PDL, definiti da Pisanu “persone che non sono degne di rappresentare nessuno” una cosa è certa: eletti o no, hanno portato voti. Il voto di scambio ha largamente battuto la questione morale, che la Commissione Antimafia aveva rilanciato con il codice etico, secondo il quale i partiti si impegnano a non candidare chi sia a vari livelli compromesso sul piano della legalità.
Nell’elenco degli “indegni” figurano uomini già condannati, indagati in inchieste giudiziarie in corso e addirittura numerosi parenti di noti mafiosi. Seconda conferma, nonostante le deboli dichiarazioni difensive di Maroni: un terzo delle prefetture, architrave della conclamata “sicurezza”, non hanno fatto il loro dovere, come ripetutamente chiesto dalla Commissione Antimafia, fornendo dati incompleti o addirittura non rispondendo. Dunque anche in un ganglio vitale dello Stato si annidano falle, sottovalutazioni o forse, almeno in alcuni casi, qualcosa di peggio…
Terza conferma: al fianco di reati connessi ai rapporti con le mafie, vi sono casi di corruzione, concussione e peculato che non risparmiano il Nord Italia, dalla Lombardia alla Liguria. Il rapporto malato fra la politica, gli affari e l’illegalità è davvero una questione nazionale, purtroppo la più unitaria, checché sostenga la Lega…
Restano aperti pesanti interrogativi. Quali saranno le reazioni dei partiti? Quanto la posizione della Commissione Antimafia peserà in Parlamento, dove permangono almeno altrettanti personaggi con le stesse caratteristiche degli “indegni” delle amministrative? Come evolverà lo scontro con il Ministero dell’Interno e Pisanu convocherà i prefetti inadempienti?
Non possiamo sottovalutare che fra i 30 prefetti che non hanno collaborato, sostenendo di non avere “gli strumenti legislativi” utili (altri 60, chissà perché, li hanno invece trovati) c’è quel prefetto Lombardo, che pochi mesi fa sostenne che “la mafia a Milano non c’è”, nonostante il moltiplicarsi di arresti, rapporti di polizia, inchieste della magistratura.
C’è infine da sottolineare l’oggettivo significato della denuncia di Pisanu, non solo incalzato dai parlamentari del PD e di Futuro e Libertà, che si sono battuti per il codice etico. La sua presa di distanza dal PDL e in questo caso dallo stesso governo segue la netta denuncia che fece dei rapporti deviati fra settori dello Stato e Cosa Nostra all’epoca delle stragi, con l’avvio di un impegno che proseguirà nelle audizioni dei prossimi giorni. Forse si tratta di qualcosa di più e di diverso dalla scoperta, sia pure tardiva, di ciò che spetta al suo attuale ruolo istituzionale.
Roberto Morrione