Lega S.p.A da Bossi a Maroni è sempre la stessa storia

Lega-SpaDurante la presentazione del libro del giornalista Alessandro da Rold, Lega S.p.a. (Cento Autori, 160 pp. – 9,90 euro), tenutasi alla Cooperativa Portalupi presso la frazione Sforzesca di Vigevano, si è parlato (e molto) del candidato alla presidenza della Lombardia, Roberto Maroni. Nel libro si descrivono i numeri, in milioni di euro, di un partito le cui attività economiche rimandano a quelle di un’azienda in ottima salute. Da questo principio nascono però diverse questioni: che necessità c’era di dare la gestione della cassaforte di un partito, che al suo interno annovera professori e professionisti di riconosciuta fama, a uno come Francesco Belsito, che in quanto a conti e investimenti non ha mai brillato? Dove e quando si è infiltrata la ‘ndrangheta? E a quale scopo? Perché la banca d’affari tanzaniana “Fbme” manda a monte un affare da quattro milioni e mezzo di euro? Che ruolo hanno avuto Manuela Marrone, la moglie di Bossi, e Rosi Mauro, l’ex presidente del sindacato padano, nell’affaire che ha ridotto in pezzi l’immagine della Lega? Perché Maroni esce allo scoperto solo a scandalo esploso? Domande a cui il libro tenta di rispondere con spirito giornalistico puro. «Maroni non va sottovalutato, è un furbo. – ha sostenuto Da Rold – Ex-avvocato di un’azienda di cosmesi nel varesotto, arrivato al Ministero ne rimane abbagliato. Mentre della vita di Umberto Bossi si conosce praticamente tutto, della sua si sa nulla. Una scelta voluta, certo, che fa di Maroni un personaggio criptico». Dalle parole di da Rold si evince che la Lega Nord non ha un passato così limpido come vuole far credere: la tangente Enimont del 1992 ne è un esempio. Ciò che però ha stupito degli ultimi scandali, è l’incredibile “fame” della famiglia Bossi e degli amici (Belsito, Longoni, Rosy Mauro e così via). In consiglio regionale la Lega Nord è andati avanti a governare anche dopo gli scandali che hanno travolto il partito delle camicie verdi e l’amministrazione regionale stessa. Quando hanno inteso che la situazione precipitava inesorabilmente (dopo l’accusa dei magistrati all’assessore Zambetti, Pdl, di aver comprato i voti della ‘ndrangheta), i leghisti hanno alzato la voce criticando Formigoni. Un calcolo politico per non perdere la base elettorale. Oggi, però, Lega e Pdl sono nuovamente alleati e i “formigoniani” hanno un buon numero di presenze nelle liste che appoggiano Maroni. «Anche dopo i diversi scandali che hanno travolto la Lega a livello nazionale e regionale, la base leghista rimane ancora zoccolo duro per le urne. – ha precisato da Rold – Questo si spiega con l’affetto riservato a Bossi, che ha fatto della Lega un mito di cui Pontida è un esempio calzante. Le poltrone però mantengono per tutti un fascino particolare e Bossi non ha fatto altro che piegarsi al sistema politico. La Lega dei primi anni era paragonabile al Movimento 5 stelle di oggi per i valori sostenuti: pulizia nella politica e trasparenza. Oggi, come risulta chiaro dalle inchieste, non è più così». Durante la presentazione, moderata dal giornalista vigevanese Luca Rinaldi, era presente anche Giuseppe (Pippo) Civati, esponente del Pd al Pirellone. Civati da alcuni giorni risulta indagato, insieme ad altri consiglieri dell’opposizione lombarda, con l’accusa di peculato, quindi per aver usato i soldi pubblici per spese ritenute private. Esattamente ciò che ha travolto Lega e Pdl regionali nei mesi scorsi. Secondo il capo d’imputazione ha speso più di tremila euro in cinque anni per spese estranee al mandato di consigliere: corse in taxi, posteggi, biglietti ferroviari, francobolli, pernottamenti in hotel. Dopo la notizia ha dichiarato di aver sempre rendicontato tutto, di aver fiducia nei magistrati e che si tratta di spese per trasferimenti in veste di consigliere. Si vedrà. Nella serata di presentazione, comunque, non era ancora pubblica la notizia, quindi Civati era presente come testimone del consiglio regionale: «I leghisti militanti voteranno Maroni anche se ancora alleato con l’ex nemico/amico Berlusconi. Però gli altri voti non li prenderanno più perché, dopo anni di governo Lega-Pdl e nulla di fatto, se non per gli scandali verrà, spero, naturale un cambio di guardia. Se vincesse Maroni – ha continuato Civati – non cambierebbe nulla rispetto ai diciassette anni di Formigoni. La poca trasparenza ha accompagnato la Lega degli ultimi anni e così Maroni. Quando per esempio era Ministro dell’Interno avrebbe non solo potuto, ma dovuto sciogliere il Comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, però non l’ha fatto perché gli alleati del Pdl non volevano. Oppure sul caso Prosperini (nel 2010 accusato  dalla procura di Milano di gestire un traffico d’armi con l’Eritrea N.d.r.) non è che i leghisti non sapessero dei suoi movimenti poco trasparenti». Alla fine della serata si è affrontato il tema della campagna elettorale della Lega in Lombardia, in particolare lo slogan sul 75% di tasse da lasciare alla Regione. «Uno slogan inutile – hanno sostenuto sia Civati che da Rold – perché in Lombardia già rimane il 73% delle tasse e se passasse l’idea di Bersani di lasciare i proventi dell’Imu ai Comuni, si raggiungerebbe il 76%». Il limite degli oppositori di Maroni è di avere un candidato davvero nuovo, Umberto Ambrosoli, che però trova poco spazio sui media televisivi e che, ad oggi, fatica ad essere conosciuto dagli elettori lombardi.