Lega, di italiano solo le poltrone

I leghisti al Consiglio regionale lombardo rifiutano l’inno di Mameli. Per il resto vanno a caccia di poltrone e presidenze… nazionali. Lo scrive Giorgio Vecchiato sul sito di Famiglia Cristiana. (www.famigliacristiana.it)

Rifiutarsi di cantare l’inno di Mameli, anzi rimpiazzarlo al bar con brioche e cappuccino, è uno di quei giochetti che danno ai protagonisti un brivido gladiatorio, non comportano rischio alcuno, procurano titoli sui giornali e spazi in tv. Furbacchiona questa Lega, e per lo meno curiosi quei suoi alleati che preferiscono guardare altrove oppure, se realmente indignati e offesi, dopo quattro parole di rampogna cambiano discorso. Quanto agli avversari, a chiacchiere dilaga l’orrore per l’insano gesto. Ma di fatto c’è chi ogni tanto finge di prendere sul serio la faccenda della Padania libera, sperando di indirizzare a sinistra i buoi del Carroccio. E’ già successo, non si sa mai.

In effetti, alleati e avversari della Lega hanno qualcosa in comune. I primi, se potessero, manderebbero volentieri a quel paese il Bossi, il Trota, il Borghezio e i figuranti di contorno, sparatori di balle e, per di più, coinvolti in sorde lotte intestine. Però non possono. E ad ogni intemperanza, ultima quella del bar al Consiglio regionale della Lombardia, mandano giù il rospo. Tutt’al più, come compenso, pregano la radio padana di frenare un po’ i malumori di quanti, alla sana base leghista, poco apprezzano le nottate con le escort.

Per quelli di sinistra il gioco è più sottile. Pur sapendo che oggi Bossi non molla il premier, anzi se ne erge a  patrono, assai bene rammentano la rottura dopo il primo Governo di destra, allorché Berlusconi fu dipinto dal Carroccio con i colori dell’inferno. Mafioso, piduista e via col fango. E’ appunto una storia che potrebbe ripetersi: cosicchè anche i progressisti si premurano di inneggiare al federalismo, formula di cui nessuno conosce ancora la fisionomia e che, secondo gli esperti, è solo un guscio privo di contenuto.

Ma proprio in tema di contenuti, stavolta poco padani e molto concreti, eccome se i leghisti se ne interessano. Non cantano l’inno nazionale e nemmeno vogliono ascoltarlo: ma se vengono in ballo presidenze di banche e direzioni di enti, anch’essi nazionali come Mameli; se oltre alle manovre romane c’è da occupare poltrone regionali, provinciali, comunali e rionali; se insomma si tratta di distribuire posti e prebende ad ogni livello, la Lega è già piazzata in prima linea. Oggi, a spregio dell’inno, la brioscina alla buvette. Domani antipasti, tartufi e caviale, primi piatti a piacere, secondi con carne, pesce  e cacciagione assortita, eventuali aggiunte fuori menu, dessert. E bicarbonato in ampolla con l’acqua del Po, per mandar giù tutto. Se serve, cantando.