La politica secondo Veneziani: “parla come un elefante per dire cose da formica”

Marcello Veneziani, giornalista, filosofo e scrittore pugliese è stato ospite nel pomeriggio di domenica 17 ottobre in Cavallerizza per raccontare del suo ultimo libro Amor fati. La vita tra caso e destino, «il libro parla di temi esistenziali, del rapporto che noi abbiamo con la nostra vita – ha esordito Veneziani – Il mio è un saggio di filosofia, costruito sul confronto quotidiano con la realtà. Un’opera in cui tratto di diversi argomenti, tutti sospesi sul filo del destino che non c’è più. Infatti – ha proseguito il giornalista – oggi viviamo in un deserto di senso gremito di accessori. Abbiamo tutto, meno il senso della vita. E per la prima volta avvertiamo un cortocircuito di spazio e tempo, che produce insieme sradicamento, cioè perdita irreparabile di un luogo percepito come casa e rifugio, e “attimismo”, cioè scomparsa del passato e del futuro nel gorgo del presente. Liberarci dal destino non ci ha restituito la libertà e il senno, ci ha lasciati in balìa del caso, un tiranno ancor più cieco e più folle».

Marcello Veneziani, ritenuto un intellettuale di destra, laureatosi in filosofia inizia a scrivere per la testata barese de’ Il Tempo a ventiquattro anni, con il passare degli anni accumula collaborazioni con un’ampia quantità di giornali, da La Repubblica, a La Stampa passando per il Secolo d’Italia, L’Espresso, Panorama ed Il Mattino, per poi approdare a Libero diretto da Vittorio Feltri ed infine a Il Giornale, sempre sotto la direzione dell’editorialista preferito da Silvio Berlusconi.

Veneziani è stato per un breve periodo, quello della XIV legislatura (maggio 2001-aprile 2006), membro del Consiglio di Amministrazione della Rai dove ha tentato di dare una nuova anima al servizio pubblico radiotelevisivo italiano ma senza successo, tant’è che successivamente a tale esperienza ha deciso di abbandonare per sempre incarichi istituzionali per dedicarsi alla scrittura giornalistica e letteraria.

In Amor Fati dunque, Veneziani ha voluto comunicare il proprio pensiero riguardante la situazione caotica della società contemporanea in cui «siamo nelle mani della tecnica a cui abbiamo consegnato la nostra vita che è così diventata meno libera. La collettività ha abbandonato il destino legandosi alla superstizione – ha ammonito – In questa epoca esiste un’insoddisfazione diffusa del come noi siamo: grassi, magri, alti, bassi, vestiti male o senza l’auto giusta. Questa scontentezza è divulgata dai media che ormai la fanno da padroni sull’influenzare le decisioni dei cittadini. Quello che io vorrei diffondere tra i miei lettori e non solo è il principio che deve riguardarci tutti, ovvero il divieni ciò che sei, la capacità volontaria di potenziare al meglio la vita così com’è».

Con un fare da santone indiano Veneziani ha parlato della libertà, la quale «sta nel rielaborare i nostri limiti e le nostre potenzialità», una libertà quella narrata nel libro che «non deve essere confusa con chi si sente svincolato in quanto isolato, perché in isolamento gli uomini sono solo oggetto di consumo e soggetto consumatore che credendo di essere liberi divengono in realtà fruitori passivi».

Il messaggio che Veneziani ha voluto far passare è la sua idea del «dare un senso alla propria vita, riconoscendo il disegno intelligente che amministra il tutto, pensando al destino come meglio si crede: in un sommo creatore o in un’armonia universale tra i diversi elementi esistenti».

Nel corso dell’intervista non è mancata una domanda sulla politica del presente, la quale secondo l’ospite «non tocca più i grandi temi perché si sta ancora scontando il forte idealismo della politica dei regimi e di quella appena successiva. Oggi – ha continuato – siamo fuori dalla traiettoria del destino e quindi ci ritroviamo una politica che parla come un elefante per dire cose da formica», forse però un riscatto potrebbe riscontrarsi nelle «idee espresse dalla cultura, le quali dovrebbero essere colte dai politici per essere così tramutate in realtà».

Un’ultima considerazione ha toccato il tema dell’educazione, strumento fondamentale per le nuove generazioni che purtroppo «è stato cancellato causando una grave perdita, cioè il senso di responsabilità che se dovesse venire a mancare pienamente causerebbe il crollo di tutto».

Speriamo allora che dalle colonne a lui riservate su Il Giornale possa infondere saggezza ai propri lettori, partendo magari da quel Presidente del Consiglio, padrone del quotidiano, a cui una buona dose di educazione farebbe soltanto bene.