L’evoluzione della politica, una lezione di Salvatore Veca

Praticamente una lezione di politica quella tenutasi giovedì 14 ottobre all’auditorium san Dionigi nell’ambito della rassegna letteraria Mitica, un’ora di intervista al filosofo Salvatore Veca, attualmente vicedirettore e coordinatore dei corsi ordinari della Scuola Superiore IUSS (Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia), per bocca di Armando Torno, giornalista del Corriere della sera. Nella ex-chiesa ubicata in piazza martiri della Liberazione, purtroppo non erano presenti molti esponenti politici cittadini né della Lega, che parla alle pance dei cittadini, né di quelli seduti all’opposizione. Il professor Veca incalzato dalle domande di Torno ha sciorinato spiegazioni sull’essere della politica intesa come vergine, di nessun colore per intenderci, e delle sue evoluzioni e cambianti causati dall’innovazione comunicativa. «La politica non può fare a meno del mito, che è innanzitutto un racconto, una narrazione. – ha esordito Veca –  La scienza del governare è composta da diverse parti una di queste è proprio il discorso, il narrare ad altri, il che comporta attraverso atti di comunicazione come comizi, facebook e televisione, la costituzione di un pubblico, di un Noi. Quando un amministratore parla della necessità di un provvedimento sta creando un Noi politico. Obama ad esempio – ha proseguito il filosofo – durante l’opulenta campagna elettorale è riuscito abilmente a creare una forte idea di Noi, di gruppo di appartenenza. La politica intesa come discorso deve proporre una qualche narrazione, la quale può essere un mito fondativo». La conversazione ha virato successivamente sulle enormi trasformazioni che anno subito i fini politici, alterazione che ha riguardato soprattutto modi e mezzi del comunicare, «gli effetti che ha subito l’informazione tramite un mutamento visibile a tutti – ha sottolineato il professore – ha portato ad un cambiamento della divulgazione politica; infatti non è l’esercizio del governo che cambia il mondo ma la società che porta ad un adeguamento, rispetto ad essa, della politica. Il multiculturalismo non è certo stato deciso dai governi ma dalla forza di cose che si è venuta a creare, dagli spostamenti per necessità, la politica deve controllare. Forse – ha proseguito Veca – nelle nostre società esiste una domanda di stabilità rispetto agli stravolgimenti che sembrano squarciare il mondo e di fronte a ciò la politica acquista un modo di comunicare che punta alla creazione di un Noi in competizione ad un altro Noi (ecco spiegato il favore di cui gode la Lega ultimamente n.d.r.)».

La riflessione ha toccato anche il tema della democrazia, molto caldo in Italia a causa di una distorsione della stessa, «le democrazie sono regimi politici in cui il non smarrimento dipende sempre da un Noi in competizione con un altro Noi. – ha nuovamente proferito l’ospite d’onore della serata – È un po’ come nei marchi del vestiario: ci si trova di fronte ad una situazione in cui imprenditori politici producono merci per consumatori politici, che con lo strumento del voto acquistano. Quello di cui necessita questo tipo di consumo è una distinzione programmatica tra i poli opposti,  differenziazione che nella democrazia sta scomparendo a causa di vincoli superiori come lo è ad esempio il Patto di Stabilità a livello europeo, per perseguire il quale è difficile che una parte politica possa con i suoi programmi prendere distanza da un’altra».

In conclusione della serata si è parlato delle modifiche subite dalla politica e dal sapere ad essa  legato, avvenute nel corso del novecento, «dai primi anni ’90 del secolo scorso una serie di processi anche contradditori tra loro, ha portato pezzi dell’agire economico oltre i confini predefiniti di Stato, avendo come effetto la delocalizzazione (Marchionne insegna n.d.r.) e non solo ma negli ultimi anni c’è stato un forte indebolimento della politica rispetto ad altri organi, sicuramente dovuto a chi esercita autorità. Ci troviamo oggi – ha concluso Veca – in una fase in cui dopo il lungo ciclo della politica con funzione di timoniere della barca, si è creata un’impasse causata dalla debolezza della politica rispetto a ciò che accade ovunque. Siamo dunque tra una costellazione nazionale ed una post nazionale. In un limbo tra lo Stato come lo conosciamo, formato da Fisco, Popolazione e Spada ed un post Stato».

Le parole del professore Salvatore Veca non sono state molto semplici per chi è un ateo del mestiere anche per questo una maggiore presenza di amministratori locali, sia della maggioranza che dell’opposizione, avrebbe potuto rendere più proficuo il fine dell’interessante serata a san Dionigi.