I Sindaci hanno il dovere di ostacolare i fenomeni mafiosi…

Sabato 31 marzo, a Novara, si è tenuto un’interessante incontro al teatro Coccia. Ospite della città, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, intervistato per l’occasione dal giornalista Giancarlo Nuzzi, autore di popolari libri d’inchiesta (tra gli altri: “Vaticano s.p.a.” e “Metastasi”, entrambi editi da Chiarelettere). Apprezzabile, nonché utile spunto per gli amministratori vigevanesi, l’intervento del sindaco di Novara, Andrea Ballarè, in apertura dell’incontro: «Noi sindaci abbiamo il dovere di mettere in atto i poteri delle amministrazioni locali per ostacolare i fenomeni mafiosi. – ha dichiarato Ballarè – Le organizzazioni criminali, che operano anche al nord e nella nostra zona, vanno contrastate con percorsi di educazione alla legalità, rivolti ai giovani ma anche a tutti i cittadini adulti». Parole che, mai pronunciate a sufficienza, dovrebbero essere bandiera di ogni Giunta locale d’Italia. Decidere in modo netto e trasparente “da che parte stare”, come recita un importante slogan dell’associazione “Libera”, è più che mai necessario. L’atteso intervento del procuratore non ha deluso i presenti, Piero Grasso ha affrontato svariati argomenti, storici e attuali, che interessano il problema del radicamento mafioso in tutta Italia. Un occhio di riguardo per il nord è stato d’obbligo, data l’ubicazione dell’incontro. È stata ricordata Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia uccisa e sciolta nell’acido per aver testimoniato contro la cosca cui in precedenza risultava affiliata. «Lea Garofalo ha avuto il grande merito di avanzare dichiarazioni non solo contro un’organizzazione ‘ndranghetista ma contro la propria famiglia che di quella organizzazione era fulcro. – ha ricordato Piero Grasso – Lea Garofalo ha puntato il dito contro il fratello e l’ex coniuge ad esempio. Un atto di coraggio non da tutti. Oggi è la figlia, Denise Garofalo, che prosegue la battaglia della madre. Una ragazza virtuosa che testimonia l’importanza dei giovani, di un’educazione alla legalità e delle scuole». Grasso ha ricordato la necessità di non abbandonare mai la ricerca della verità, la strada della giustizia e della legalità, strumenti ritenuti fondamentali per rendere i cittadini consapevoli, e perciò capaci di svolgere il loro ruolo nella lotta alle mafie. Abilità quest’ultima, che nel nord Italia non sembra molto diffusa, «i fenomeni mafiosi sono per lo più invisibili nel settentrione. – ha ammesso il procuratore nazionale antimafia – Obiettivo di questi criminali è di poter operare con tranquillità e nell’ombra, per fare affari senza l’impiccio delle forze dell’ordine. Ogni cittadino deve essere in grado di scegliere con chi stare e di prestare un’acuta attenzione, onde evitare ogni illegalità anche quando può sembrare minore, perché dietro ogni disprezzo per la legalità si nasconde un male peggiore». Se, come ammesso da Grasso, i magistrati conoscono da anni l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle regioni del nord, lo stesso non si può dire per i cittadini comuni, incapaci di percepire il grave problema che comporta. Un’ignoranza attestata dalla continua disputa sul fatto che la mafia sia presente o meno nel nord Italia. Il giornalista Giancarlo Nuzzi, ha stimolato l’intervistato a rilasciare dichiarazioni anche sul ruolo del Vaticano e della Chiesa. «Due istituzioni non propriamente presenti nella lotta alle mafie. – ha sostenuto Nuzzi, studioso dei movimenti poco trasparenti dei poteri vaticani – Mi chiedo perché la Chiesa non sia impegnata sul territorio in una seria opposizione alla criminalità organizzata. Ci sono eccezioni, certo. Penso a don Puglisi, sacerdote impegnato a strappare i giovani dal vortice della malavita, che è stato assassinato dalla mafia, perché considerato un ostacolo dai boss. Esiste però la faccia meno trasparente, – ha proseguito – rappresentata da un Vaticano che ha promosso una legge contro il riciclaggio solo nel 2010. I gerarchi del potere ecclesiastico, non prendono più una posizione contro la criminalità organizzata da quando Papa Giovanni Paolo II fece il suo discorso rabbioso ad Agrigento, nel 1993». Un tema sul quale Piero Grasso non si è risparmiato: «È vero che gli esempi provenienti dalla Chiesa, anche se straordinari, sono stati solo singoli casi. Forse questo fenomeno è comprensibile se pensiamo che in molti casi i benefattori delle diocesi, non tutte naturalmente, sono i mafiosi stessi. Il loro ruolo, risulta essere di difesa delle opere d’arte contenute in alcune chiese. Taluni malavitosi – ha continuato il procuratore – sono anche finanziatori di processioni, e così capita che succeda come a Castellammare di Stabia, dove il corteo religioso in onore del patrono, ha sostato davanti alla casa di Raffaone, noto boss locale». Durante l’intervista, non è mancata una menzione al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Grasso si è difeso da chi l’ha accusato di aver ammesso che lo Stato deve avere rapporti con le mafie, tuttavia ha sostenuto che in passato, «alcune parti delle istituzioni si sono sedute ad un tavolo insieme ad esponenti della criminalità organizzata. Per conoscere la verità su quanto accaduto, non bastano collaboratori di giustizia come Spatuzza (dal 2008 pentito di mafia che ha rilasciato pesanti dichiarazioni sulla strage di via d’Amelio, sulle stragi mafiose del 1993, nonché su presunti rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e la mafia N.d.R.), servono collaboratori pentiti delle istituzioni stesse, che rilascino testimonianze per fare pulizia dai dubbi». In conclusione, Piero Grasso ha voluto lasciare gli intervenuti all’incontro, con parole di speranza: «Tutte le mafie sono violente ma hanno paura. I malavitosi, sono intimoriti da chi fa informazione contro di loro, perché hanno bisogno di consenso. Perciò, i giovani che oggi, in un numero elevato, combattono da buoni cittadini l’illegalità, fanno paura alla criminalità organizzata. Gli stessi ragazzi che chiedono pulizia nella politica, che sono attivi all’interno della società civile, che sono il futuro».