Giancarlo Abelli, detto “il Faraone”

abellig22 ottobre 2009. L’inchiesta milanese che ha portato in carcere il re delle bonifiche ambientali Giuseppe Grossi ha messo a fuoco finora il reato di riciclaggio e i 22 milioni di euro di fondi neri costituiti dall’imprenditore. Ma questo è soltanto il primo fondale del palcoscenico su cui si muoveva Grossi. I magistrati stanno cercando di mettere in luce il secondo fondale, quello della corruzione. A chi sono andati i 2,5 milioni di euro pagati in contanti da Grossi nel solo 2008? Chi ha al polso gli orologi da collezione che gli sono costati altri 6,4 milioni? In attesa della risposta, sul palcoscenico già s’intravvede un politico potente e temuto, non indagato ma strettamente legato a Grossi: è Giancarlo Abelli, l’uomo che visse tre volte. A lui, oggi capo della segreteria politica del coordinatore Pdl Sandro Bondi, Grossi aveva messo a disposizione il suo jet privato, una Porsche 911 e un appartamento in centro a Milano. A sua moglie, Rosanna Gariboldi, ha gentilmente lasciato 1,2 milioni di euro, forse come ringraziamento per la gestione del suo denaro sul conto “Associati” a Montecarlo (di cui lo stesso Abelli è procuratore). Ma la storia di Abelli detto il Faraone nasce a Broni, sulle colline dell’Oltrepò pavese. In politica dagli anni Settanta, democristiano doc, si costruisce una carriera in quel ricco settore in cui la politica confina con la sanità. Nel 1974 è gia presidente del Policlinico San Matteo di Pavia. Nella sua prima vita, viene arrestato per peculato, processato e assolto. Dopo la dissoluzione della Dc, si lega a Roberto Formigoni, di cui diventa il plenipotenziario per la sanità.
Contemporaneamente è anche amico e consulente del professor Giuseppe Poggi Longostrevi, organizzatore di una colossale truffa che ha sottratto almeno 60 miliardi di lire alla Regione Lombardia. Poggi Longostrevi ringrazia Abelli scarrozzandolo sul suo aereo privato (proprio come Grossi). L’idillio viene interrotto nel 1998 da un’inchiesta della procura di Milano, che riesce anche a individuare almeno un versamento (72 milioni di lire) fatto da Poggi Longostrevi ad Abelli. Il pagamento di una consulenza, spiega senza imbarazzo Abelli, che pure era nello stesso tempo il braccio sanitario di Formigoni. «Per me pagare Abelli era come stipulare un’assicurazione», replica invece Longostrevi, prima di togliersi la vita. «Dovevo tenermi buono un personaggio politico che nel settore contava molto… Alcuni sono stati costretti alle dimissioni solo per un sospetto, altri sono stati premiati con la nomina ad assessore». Il premiato è proprio Abelli che, dopo lo scandalo delle ricette d’oro, da consulente diventa assessore di Formigoni. Il Faraone, per quei 70 milioni, viene poi processato per false fatture. La sentenza, nel 2003, lo assolve dall’accusa di frode fiscale, perché la nuova legge fiscale stabilisce che le fatture false siano punite solo nel caso vi sia «il dolo specifico di far evadere le tasse»: e Abelli non pensava certo alle tasse, quando intascava i soldi di Poggi Longostrevi. Le motivazioni della sentenza ribadiscono però che Abelli ha certamente intascato «72.800.000 lire per una consulenza non effettiva». Dunque per chiudere gli occhi sulla corruzione: «La consulenza mascherava un versamento in denaro al politico per guadagnarne i favori». Oggi, il Faraone è alla sua terza vita: a Roma, parlamentare Pdl, ma sempre con ufficio a Milano messo a disposizione dall’amico Formigoni.

(di Gianni Barbacetto) Tratto da Il Fatto Quotidiano del 22 ottobre 2009