Dalla parte degli ultimi

Don Andrea Gallo, classe 1928, genovese, è un prete come pochi. Anticonformista, anticanonico a tratti anche antiecclesiale, quindi contro quelle gerarchie presenti all’interno del sistema Chiesa che hanno perso l’anima crisitana per approppiarsi di quella economica e di potere. «La mia storia di vita è basata assolutamente sull’incontro, da intendersi come qualcosa di ontologico e dunque profondo – ha confidato – Infatti il fine principale per cui vado ancora in giro per manifestazioni e convegni alla mia età, 82 anni, è proprio l’incontro, il confronto e la conoscenza».

Proprio sul confronto si è basato il suo recente colloquio con Carlo Giovanardi, attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, al contrasto delle tossicodipendenze e al servizio civile, nonché autore insieme a Gianfranco Fini di quella legge antiproibizionista che porta in carcere molti giovani ed immigrati senza però, a quanto pare, colpire i reali procuratori delle sostanze stupefacenti. Don Gallo e Giovanardi si sono ritrovati in occasione della preparazione di una pubblicità progresso antidroga per la televisione, in cui il prete avrebbe dovuto fare da testimonial apparendo in video e pronunciando un frase del tipo: «Se ti fumi uno spinello ti buchi il cervello». Ora, riuscite ad immaginare Don Gallo, che nel 2006 si è fatto multare per aver compiuto una disobbedienza civile fumando uno spinello nel palazzo comunale di Genova per protestare contro la legge sulle droghe, asserire una frase del genere? Infatti la risposta del prete al Sottosegretario è stata ironicamente chiara: «a te, caro Giovanardi, non serve nemmeno uno spinello».

Don Andrea Gallo è da sempre dalla parte degli ultimi, divenuto religioso grazie alle letture degli scritti di Don Bosco, anch’egli un difensore dei disagiati ma nel ‘800, è stato fondatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova in cui si occupa insieme al suo staff di accogliere tutti coloro che si trovano in situazione di disagio, con particolare attenzione al mondo della tossicodipendenza da sostanze illegali, da alcool e del disagio psichico. «Il cristiano deve avere la pietas verso l’altro, – ha sottolineato Don Gallo – in Italia si dicono tutti cristiani, politici e gente comune ma se non sanno essere accoglienti non possono dirsi cristiani. Io penso che la libertà di culto sia indispensabile e che il dialogo stia alla base dell’integrazione. Gesù stesso scelse gli ultimi – ha continuato – e se fosse ancora presente tra di noi credo sarebbe decisamente arrabbiato per la mancanza della parità di diritto che vige a causa del folle neoliberismo il cui scopo è di distruggere la coscienza critica e l’incontro tra differenze». A questa tesi si rifà anche Manuel Castells, un sociologo spagnolo che insegna all’University of southern California, il quale sostiene che: «Venire meno alla tolleranza e al rispetto dell’altro che ci inorgogliva come europei è un viaggio senza ritorno. In un mondo interdipendente, con un’economia in crisi, mentre cerchiamo investitori cinesi per salvare l’industria dell’auto e capitali arabi per riportare a galla le banche, in un pianeta in cui l’Europa rappresenta il 15% della popolazione, ci resta solo il rispetto dei valori di tolleranza e di pace per farci sopravvivere in un ambiente competitivo e violento. La nostra ultima speranza è conquistare il rispetto del nuovo mondo grazie al nostro valore morale».

Lo stesso folle neoliberismo che secondo Don Andrea Gallo sta distruggendo l’integrazione, è alla base anche dei disagi nel mondo lavorativo, «quello che sta avvenendo a livello occupazionale: cassa integrazione, flessibilità, contratti co.co.pro, co.co. dé e co.co.quà non dovrebbe essere possibile. Ci vuole più dignità per gli operai».

Il sacerdote di Genova ha la grande capacità di trasmettere concetti semplici ma troppo spesso dimenticati, probabilmente anche per il fatto di essere stato frequentatore ed amico del fabulatore Fabrizio De Andrè, autore per il prete del V° vangelo, «in direzione ostinata e contraria, celebre frase del mio amico Faber, è la strada che sto percorrendo e per questo denuncio le ingiustizie come le guerre che non servono a nulla e per la nostra Costituzione sono addirittura illegali, l’articolo 11 afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Insomma – ha proseguito – ci prendono in giro e per capirlo basta osservare con più attenzione la guerra in Afganistan. Le coltivazioni di papaveri (papaver somniferum, dalla cui lavorazione si ricava l’oppio n.d.r.) non sono diminuite e non lo faranno nemmeno usando tutte le forze militari del mondo perché fin quando regna la corruzione tra i politici, che si riempiono la bocca di buone parole e basta, la distribuzione delle droghe continuerà ad essere capillare».

“Diritto alla non sofferenza ed alla felicità” è sicuramente un’espressione alla base del pensiero di Don Gallo, il quale grazie alle manifestazioni del ‘68 ha compreso che il potere del Sistema sarà anche forte ma si può affrontare alzando la testa, come è possibile fronteggiare il problema delle carceri sovraffolate, «la razionalizzazione dei costi è certamente giusta ma invece di costruire nuovi penitenziari nei quali la vita di un detenuto costa allo Stato e dunque ai cittadini 300 euro al giorno sarebbe più giusto, come sostenuto dal mio compare Don Ciotti, lasciarli alle comunità che sono semivuote e dove al massimo il costo giornaliero è di 60 euro».

Grande amico di rockers quali Piero Pelù e Vasco Rossi con cui si è impegnato per la legalizzazione delle droghe leggere, oltre a cantanti come Samuel dei Subsonica e Cisco, Don Andrea Gallo non crede che il popolo italiano sia razzista ma che lo siano le istituzioni capaci di sfornare leggi come la Bossi-Fini o il Pacchetto Sicurezza che permette di cacciare via mare, come fossero impacchettati, delle povere persone in cerca di asilo. Eppure dovrebbe essere diverso l’atteggiamento verso gli immigrati perché gli italiani stessi sono a tutt’oggi dei reali nomadi come affermano gli ultimi dati di Eurostat (braccio statistico della Commisione Europea), molte persone del Bel Paese si sono trasferite in altri Stati dell’Ue ed insieme a turchi, romeni, marocchini e polacchi sono loro i veri neri e zingari. E ora chi lo dice al Ministro dell’interno Maroni ed ai nostri amministratori leghisti, Ceffa in testa?