Cristiano Vassalli: Il mio mississipi

A cura di Mariangela Maritato
Spazio Rocco Scotellaro, via Cesarea 49 Vigevano (Pv) – Con il patrocinio del Comune di Vigevano

Dal 21 al 31 maggio 2011

Inaugurazione 21 maggio ore 18:00

Essere come il fiume che scorre silenzioso nella notte, senza temere le tenebre. Se ci sono stelle nel cielo rifletterle. E se i cieli si riempiono di nubi, così come il fiume, le nubi sono d’acqua” (da Come il fiume che scorre di Paolo Coelho)

Una poetica del silenzio e del sublime che individua nella natura il suo soggetto prediletto. Il fiume Ticino è protagonista, con le sue acque e le suggestive atmosfere del parco, delle opere del progetto Il mio Mississipi di Cristiano Vassalli.

Il paragone fiume Ticino-Mississipi riflette il vissuto dell’autore, profondamente influenzato dalla cultura americana (letteraria, musicale e cinematografica) e dalla Beat Generation. L’elemento naturale trova espressione in ritratti fotografici tendenzialmente monocromatici dove i contrasti del bianco e del nero rivelano all’occhio attento suggestive sfumature di blu trasformando la realtà, fedelmente catturata dall’obiettivo, in una sorta di “paradiso artificiale”.

Un effetto ricercato con un’estrema cura formale per fare in modo che ad emergere non sia soltanto la struggente bellezza del paesaggio naturale, ma anche il senso del mistero, “lo spirito del fiume” che viene reso da un accurato effetto sfocato e dalle atmosfere create dalle nebbie che si alzano dalle acque, a tratti serene e a tratti indomite.

Se il bianco e il nero di opere come “Il quella eternità” rappresenta simbolicamente il conflitto tra il bene e il male (come nelle classiche pellicole noir della storia del cinema), gli interventi pittorici sono limitati all’essenziale, a leggere velature di blu, colore tipico della spiritualità. Se la natura è già pervasa dalla divinità, il blu diviene così concreta manifestazione dello spirito.

L’immagine fa emergere con maggiore intensità un mistero già presente nell’oggetto in sé (il fiume) di fronte al quale l’Io diventa un Non Io perché annichilito dal fascino maestoso ed irruento della natura con la quale si fonde in un Io assoluto ed universale.

L’artista vuole condursi sulla soglia dell’abisso facendo coincidere l’immagine con tale soglia e affidando alla sua potenza evocatrice il compito di spingere il nostro sguardo a farsi retroattivo. Da ciò il ruolo centrale del Sehnsucht (nostalgia) che caratterizza un’irresistibile vocazione romantica al tempo perduto. A quello che è, da sempre, già stato.

Cristiano Vassalli arriva così nel suo lavoro ad identificarsi con il fiume stesso oltre la mimesis artistica della fotografia.

Nell’opera “E richiama gli esitanti ricordi” il flusso della acque che fuoriesce da un percorso sotterraneo viene ad identificarsi con il flusso di coscienza (stream of consciousness in lingua inglese) dell’artista e l’immagine diviene così una prosa spontanea. Alcune opere rivelano una forza empatica che lo portano invece a farsi testimone di un particolare ’“io-collettivo”, quello cioè delle genti che vivono il fiume , le sue rive ed i suoi paesaggi alberati. Come nell’opera “Le ombre del nostro piccolo mare” che riflette già nel titolo l’immagine che del Ticino hanno gli abitanti del territorio da esso bagnato.

Il fiume assurge così a simbolo di una comunità che in esso si identifica e ad una crescita e un vissuto, interiore per quanto riguarda l’individuo, ed esteriore per quando riguarda il paesaggio. Nelle opere si percepiscono appena le linee di confine. L’Io assoluto è acqua e cielo che in esso si riflette.

Il percorso artistico di Cristiano Vassalli (Buonabitacolo, 1950) ha inizio nei primi anni ’70, negli studi fotografici milanesi di Andrea Zani, Jean Pierre Maurer e Klaus Zaugg. Alla fine degli anni ’70, affascinato dai romanzi di Henry Miller, dopo un breve soggiorno a New York si trasferisce a San Francisco dove frequenta i luoghi simbolo della Beat Generation immortalando con la sua macchina fotografica grandi personaggi come Fernanda Pivano, Allen Ginsberg, Peter Orlovsky e Gregory Corso. Definisce le sue opere di questo periodo “Appunti di viaggio”. Tornato in Italia, si trasferisce ad Urbino dove apre il suo primo studio fotografico. Dal 1984 vive e lavora a Vigevano (Pv).