Cittadini e Istituzioni

Martedì 30 ottobre 2012 alle ore 20.30 si è svolto il Consiglio Comunale che tra i punti all’ordine del giorno aveva anche la mozione congiunta sul caso “mense”. In una riunione dei capigruppo consiliari si era deciso di rimandare ad altra data le mozioni meno urgenti e di chiedere ai consiglieri firmatari la disponibilità ad una discussione posticipata della loro mozione per lasciare il tempo di discutere quella relativa alle mense, data la stringente attualità della questione.

Sembrava esserci l’accordo, ma allo scoccare della mezzanotte, come nella favola di Cenerentola, la realtà torna ad essere quella vera: dalla maggioranza si chiede di interrompere il consiglio a causa dell’ora ormai tarda.

L’inevitabile e immediata reazione della minoranza e del pubblico, non ha cambiato di una virgola l’agire dei consiglieri e il consiglio è stato interrotto.

Anche la mia reazione è stata subito di grande disappunto, ma trascorso qualche giorno l’amarezza e la delusione che ho provato verso questo modo di fare politica e di amministrare la città hanno preso il sopravvento.

Per ciò ritengo sia indispensabile porre alcune questioni su cui riflettere:

  1. Mi sembra subito evidente quali siano le priorità della maggioranza (è più importante l’ora del contenuto della discussione) che, spiace sottolinearlo, non esprime pareri per una possibile discussione nelle idonee sedi istituzionali (il consiglio comunale, nel quale si dovrebbe governare nell’interesse di tutti i cittadini, propri elettori o no).
  2. La discussione della mozione sulle mense, anticipata sugli organi di stampa e di grande attualità, coinvolge bambini, famiglie, scuole e come esplicita richiesta di una parte politica presente in consiglio andava doverosamente discussa, se non altro per una questione di rispetto verso le parti in causa, indipendentemente dalla volontà di chi ci governa di proseguire diritti per la propria strada senza ascoltare nessuno. Sarebbe stata per la maggioranza un’occasione per dimostrare attenzione verso la città tutta, non solo verso chi è d’accordo con lei. Occasione purtroppo persa.
  3. Penso che se si rispettano i cittadini e le istituzioni le risposte vadano date nelle sedi preposte e non su facebook, sui siti internet, con filmati sulla rete o tramite i giornali: esistono ancora le istituzioni della Repubblica, tanto contestata, la Lega ne fa parte (e di essa utilizza, a volte in modo “improprio”, il finanziamento pubblico!) e finchè le regole non vengono modificate queste valgono anche per lei! O anche la democrazia è diventata virtuale? In questo caso la forma si fa sostanza: rispondere in consiglio è riconoscerne il ruolo.
  4. Una delle prime decisione di questa Amministrazione è stata quella di spostare le Mozioni in coda agli odg: un modo legalmente codificato per non far più parlare la minoranza in consiglio, che già con i suoi numeri (grazie all’attuale legge elettorale che garantisce il premio di maggioranza) non ha molte opportunità per intervenire in modo determinante sulle decisioni prese. Certo così si garantisce la “governabilità” che però non sempre è sinonimo di “democrazia”. Forse la possibilità di una discussione proficua dipende dalla volontà politica di chi amministra di ascoltare per modificare, magari in meglio, le proprie decisioni, senza che questo voglia dire perdere di autorità: forse questa era l’intenzione del legislatore che ha stabilito il premio di maggioranza. Forse la realtà dimostra che è ora di cambiare queste regole.
  5. Vorrei infine sottolineare come, volenti o nolenti, la nostra vita quotidiana è determinata dalla politica di chi ci governa, a tutti i livelli istituzionali: il nostro voto assume in questa ottica un valore ancora più importante. Pensiamola così: votare vuol dire decidere della mia vita e di quello dei miei figli. Chi ha perso la vita per garantirci questo diritto come giudicherebbe il 53% degli astenuti in Sicilia? La maggioranza non è andata a votare, ma una minoranza decide anche per lei. Prendiamoci le nostre responsabilità con annessi diritti e doveri: ci assumeremo così anche la possibilità di criticare le decisioni che non condividiamo. La partecipazione é il sale della nostra democrazia: non lasciamo che la rassegnazione ci tolga il sapore.

Elisabetta Parea – Civiltà Vigevanese