Domenica 7 Marzo: G.I. Joe – La nascita dei cobra

In un futuro non troppo lontano la nanotecnologia ha fatto passi da gigante e consente al magnate della multinazionale MARS di vendere armi ai governi e contemporaneamente fornire le tecnologie di difesa da quelle armi, controllando così di fatto il mercato. Lo scoprono ben presto due soldati semplici attaccati mentre trasportano pericolose testate della MARS. L’unico rimedio lo offre una divisione militare segreta, i G.I. Joe: soldati altamente qualificati impiegati dal governo per missioni semi impossibili. Con loro tenteranno di impedire alla società di poter ricattare tutti i governi del mondo.
Dopo due film sui Transformers la Hasbro decide di ridare vita ad un’altra linea di giocattoli originariamente nata come parte di una strategia patriottica per fomentare il fronte interno riguardo la guerra in Vietnam e già riportata in vita con successo una volta all’inizio degli anni ’80 grazie ad una serie animata per la televisione. Anche per questo infatti i soldatini arrivano al cinema non trascurando le origini nazionaliste.
Nel film di Stephen Sommers il nemico non è la guerra in sé, com’è ormai consuetudine nel cinema d’intrattenimento contemporaneo, essa è data per scontata anche perché i buoni sono una squadra speciale che con la guerra ci vive. Proprio come negli anni ’60 il male sembra invece nascere dalla scienza militare, mentre la parte positiva del sistema battagliero sono i soldati, tanto che se i buoni sono guerriglieri scelti e superaddestrati come macchine i cattivi sono uomini ridotti al grado di robot da una tecnologia futuribile.
Più in generale però l’idea sembra essere quella di replicare la strategia vincente del film sui robottoni che si trasformano: realizzare un blockbuster fracassone dall’animo ironico che sappia distrarre i bambini con i botti, divertire i ragazzi con la comicità cinica, emozionare le ragazze con il sentimentalismo e intrattenere gli adulti con i corpi esibiti.
Ma se l’esperimento di Michael Bay era insperatamente riuscito nell’impresa di convincere un po’ tutti quest’opera diretta dall’insipido Sommers sembra più la sua copia sbiadita, dotata delle medesime caratteristiche (che poi da sempre sono la cifra del regista di La mummia) senza però avere la potenza visiva di Bay.
Sfrenato e dissennato, G.I. Joe racconta una trama esile esile, focalizzandosi molto sulla ricostruzione delle storie personali dei singoli personaggi, creando un universo nel quale muoverli (dotato di tecnologie futuribili e organizzazioni multinazionali) e facendo culminare il racconto con la definitiva strutturazione dei due poli: da una parte l’asse del male e dall’altra i protagonisti che diventano dei “Joe”. Si crea insomma il presupposto per i prossimi film, con tanto di cliffhanger finale che introduce e annuncia il secondo capitolo.
A mancare totalmente purtroppo è quel senso di “cool” tanto inseguito dal regista. Le battutine ad effetto durante le scene d’azione sono trite, i personaggi che dovrebbero essere i più desiderabili sono bamboccioni all’americana o stereotipi della cultura afroamericana mentre tutto il complesso di armi e gadget intorno ai personaggi suona giocattoloso (che forse è la cosa più appropriata) senza quell’appeal che dovrebbe e vorrebbe avere.