Domenica 28 Marzo: Astro Boy

Nel futuro scenario di Metro City lo scienziato Tenma, padre dei robot tuttofare che sostituiscono gli umani nei compiti più gravosi, perde per un incidente il figlio Tobio. Incapace di farsene una ragione decide di creare il robot perfetto ad immagine e somiglianza del figlio. Il prodotto è talmente perfetto che vive di una vita propria e non è la copia carbone del defunto figlioletto. La cosa getta nella disperazione il creatore che, non avendo alcun rispetto per i sentimenti dei robot, non esita a sbarazzarsi di lui che invece essendo stato programmato appositamente, di bene gliene vuole parecchio.
Siamo dalle parti di Osamu Tezuka, dio dei manga, che negli anni ’50 concepì questa storia a metà tra Pinocchio e suggestioni fantascientifiche, uno dei veri grandi caposaldi della cultura nipponica. Questo lungometraggio d’animazione americano però non rende giustizia a nessuno.
Non rende giustizia di certo all’animismo giapponese e alla loro cultura inconica, incapace com’è di comunicare sentimenti attraverso la semplice generazione di immagini significative e totalmente privo di quei temi che rendono uniche le storie che vengono da lì. E non rende giustizia nemmeno all’animazione americana che nell’ultimo decennio ha raggiunto livelli di raffinatezza rara (del resto David Bowers aveva già preso parte al mediocre Giù per il tubo). Indirizzato senza dubbio alcuno a un pubblico infantile e progettato per mettere da parte qualsiasi suggestione adulta Astro boy è deludente per ogni amante dell’originale e per chiunque si aspetti qualcosa dall’animazione.
I sottotesti del rispetto della diversità, della decadenza del potere politico votato unicamente al consenso popolare, della guerra come strumento elettorale e via dicendo sono metafore tanto basilari quanto dirette e sbattute in faccia agli spettatori. I caratteri dei protagonisti sono basici e sempre espressi con esplicita chiarezza a parole. Non c’è nulla che passi attraverso un medium che non sia la parola e anche le parti di azione non sono davvero tali. Superfluo commentare l’inconsistenza dei personaggi-macchietta che dovrebbero avere il compito di alleggerire (correttamente lasciati doppiare al Trio Medusa).
L’unica sorpresa è l’edizione italiana che prevede le voci di Silvio Muccino e Carolina Crescentini per i personaggi principali stranamente (per la nostra infame tradizione di celebrità-doppiatori) adeguate ai personaggi in scena.