Il minculpop della Lega mette le fondamenta

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di Luca Rinaldi.

Ecco che, se mai fosse sparito, il Minculpop si appresta a tornare prepotentemente sulla scena della vita quotidiana degli italiani. Badate bene, perchè quello che succede, non è affar solo di politici e di giornalisti che scrivono su di loro, ma riguarda tutta la nostra cultura e lo sviluppo futuro del paese.

Il Minculpop fu il Ministero della Cultura Popolare, istituito da Benito Mussolini nel 1937. Questo ministero aveva l’incarico di controllare le varie pubblicazioni, sequestrando tutti quei documenti che non andavano nella direzione voluta dal regime fascista o ritenuti pericolosi per esso. Tramite le cosiddette “veline”, che non furono nè Giorgia Palmas, nè Elisabetta Canalis, s’impartivano precise direttive sul contenuto degli articoli da scrivere e la loro importanza. Cosa più importante: questo ufficio non solo si occupava di controllo della stampa, ma, soprattutto, di propaganda, tanto che il corrispondente ministero nella Germania nazista fu, più semplicemente il Ministero della propaganda guidato da Goebbels.

Tutta la cultura nascente veniva filtrata dal Minculpop, la cultura era imposta, chi si discostava era un dissidente, addirittura sovversivo, se ben non avesse desideri di potere, ed oggi non ne siamo poi così tanto lontani da queste visioni. Il controllo delle TV da parte del governo istituisce di fatto un Minculpop strisciante che indirizza di nuovo le linee culturali del paese.

Arriva oggi dalla Lega Nord, più precisamente dal ministro alle politiche agricole Zaia la proposta di far sbarcare in RAI fiction in dialetto con sottotitoli. Una proposta che fa quantomeno strabuzzare gli occhi, soprattutto se consideriamo RAI servizio pubblico. Non è la prima volta, visto che già il partito ha espresso la volontà di avere una cinecittà milanese per girare film con la lingua del nord, dato che alla vera Cinecittà c’è troppo di romanesco. Con i soldi di chi si farebbe una nuova cinecittà? Quelli di Salvini, Bossi, Zaia, Cota e Bricolo?

E’ vero che i dialetti sono parte integrante delle identità e delle culture locali e che in qualche modo vanno conservati, ma questo non spetta alla televisione pubblica.

Questa è soltanto una delle ultime uscite leghiste sull’uso dei dialetti, prima erano arrivate le proposte dell’inserimento dei dialetti a scuola, con presunti esami per professori su questi, professori che necessariamente dovranno essere del posto in cui sorge la scuola, altrimenti non si lavora, una proposta inaccettabile, non però per il ministro Gelmini, che, anzichè chiudere la porta a certi deliri dichiara: “ne parleremo”.

Per ora, fortunatamente, sono proposte. Se dovranno trasformarsi in realtà, non solo avremo un minculpop che di fatto già c’è ma nessuno racconta, ma avremo addirittura un minculpop leghista e, che tali individui tengano in mano la cultura di un popolo, fa accapponare la pelle.

 tratto da: lucarinaldi.blogspot.com